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77 Anni di Nakba Continua: Resistere allo Sradicamento Forzato Continuo
77 Anni di Nakba Continua: Resistere allo Sradicamento Forzato Continuo

Da decenni, il regime israeliano perpetua la Nakba continua, basata su tre pilastri principali: colonizzazione, trasferimento forzato e apartheid. Questo maggio, mentre si commemorano i 77 anni dalla Nakba del 1948 e il genocidio a Gaza entra nel suo 19° mese, il regime israeliano ha intensificato brutalmente il suo pilastro del trasferimento forzato: spingendo per la pulizia etnica della Striscia di Gaza, intensificando la repressione in Cisgiordania (in particolare nei campi profughi), e portando avanti una campagna di eliminazione totale contro l’UNRWA. Le azioni del regime israeliano, rese possibili e finanziate da stati occidentali coloniali, hanno ulteriormente ampliato il divario di protezione che affrontano i rifugiati palestinesi. Tuttavia, di fronte alla negazione dei loro diritti inalienabili e allo sradicamento perpetuo, il popolo palestinese rimane saldo e incrollabile nella sua resistenza al regime coloniale-apartheid israeliano.

 

La Nakba continua ha prodotto la più longeva e persistente condizione di rifugiati nella storia contemporanea, attualmente, i rifugiati palestinesi e gli sfollati interni (IDP) ammontano a 9,76 milioni, rappresentando il 65,5% dell'intera popolazione palestinese. Nella Striscia di Gaza — dove l’80% della popolazione è costituito da rifugiati del 1948 e dai loro discendenti — i palestinesi stanno affrontando il più vasto trasferimento forzato dalla Nakba del 1948: 1,9 milioni di persone, pari al 90% degli abitanti, sono state più volte sfollate con la forza e confinate in aree frammentate che coprono appena un terzo del territorio della Striscia. Il genocidio in corso a Gaza non rappresenta un’anomalia né un episodio isolato, ma si configura come parte integrante della Nakba continua, frutto di 77 anni di impunità, che hanno agevolato l’obiettivo finale del regime israeliano: ottenere il massimo controllo possibile sul territorio palestinese con la presenza minima di popolazione palestinese.

 

In modo particolarmente rilevante, oltre al genocidio in atto, il regime israeliano sta portando avanti un’agenda di pulizia etnica della Striscia di Gaza sotto il pretesto della “migrazione volontaria” — inclusa la creazione formale di un “Ufficio per la Migrazione Volontaria”. Gli Stati Uniti hanno fatto eco e sostenuto questa politica, invocando il trasferimento forzato dei palestinesi da Gaza verso la Giordania e l’Egitto, con il pretesto di trasformare Gaza nella cosiddetta “Riviera del Medio Oriente”. Si tratta di piani di trasferimento forzato strategicamente elaborati per facilitare la colonizzazione israeliana (e statunitense) della Striscia di Gaza. L’Unione Europea, la Francia, la Germania, il Regno Unito e altri stati si sono limitati a sterili condanne del trasferimento forzato dei palestinesi. Al contempo, i piani di ricostruzione per Gaza ignorano la Nakba in corso e il diritto dei rifugiati palestinesi alle riparazioni, riducendo la questione palestinese a una mera emergenza umanitaria e promuovendo la soluzione dei due Stati come panacea.

 

Allo stesso modo, in Cisgiordania, il regime israeliano ha intensificato la propria campagna di repressione con l’obiettivo di attuare il trasferimento forzato della popolazione palestinese ed espandere ulteriormente il dominio coloniale. Sono state rafforzate le restrizioni alla libertà di movimento, soffocando la Cisgiordania con posti di blocco, mentre si è assistito a un’aggressiva intensificazione delle confische di terre e della costruzione di colonie: dall’inizio del 2025 sono già state approvate 15.190 nuove unità coloniali, un numero senza precedenti. Nei campi profughi del nord della Cisgiordania, il regime israeliano sta portando avanti da oltre 100 giorni l’“Operazione Muro di Ferro”, che ha già causato il trasferimento forzato di oltre 40.000 palestinesi. Gli obiettivi del regime sono evidenti: smantellare i campi profughi, simboli viventi della Nakba in corso; reprimere la resistenza palestinese e i suoi epicentri popolari; cancellare i diritti dei rifugiati palestinesi.

 

Nella Palestina del 1948, il regime israeliano ha ulteriormente inasprito la repressione del dissenso, ricorrendo ad arresti di massa, divieti di manifestazione, licenziamenti e sospensioni punitive, oltre all’uso di tecnologie di sorveglianza invasive volte a colpire la popolazione palestinese.

 

L’attacco sistemico alla questione dei rifugiati palestinesi include da decenni una campagna, guidata da Israele, volta allo smantellamento dell’UNRWA. Questa strategia ha raggiunto il culmine con il divieto ufficiale imposto al funzionamento dell’UNRWA da parte del regime israeliano a fine gennaio 2025, applicato con estrema brutalità. Le conseguenze sono gravi: viene compromesso un sistema vitale di sostegno per 5,9 milioni di rifugiati palestinesi nella regione, tra cui 3,7 milioni che dipendono dall’UNRWA per aiuti umanitari essenziali. I rifugiati palestinesi nel mondo, in particolare nei campi in Siria, Giordania e Libano, continuano ad affrontare un grave vuoto di protezione. In Libano, questa situazione è aggravata da un impianto normativo discriminatorio che priva i rifugiati palestinesi dei loro diritti civili, sociali e politici, costringendo il 70% di essi a fare affidamento sull’assistenza economica dell’UNRWA come principale fonte di reddito.

 

Oltre alla fornitura di servizi e aiuti, l’UNRWA svolge un ruolo cruciale nella protezione della questione dei rifugiati palestinesi, in quanto le è stato conferito il mandato di operare fino alla piena attuazione della Risoluzione 194 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che riconosce il diritto alle riparazioni — tra cui il ritorno, la restituzione delle proprietà, il risarcimento e la garanzia di non ripetizione. L’eliminazione dell’UNRWA rientra, da un punto di vista sia politico sia sostanziale, in un più ampio progetto volto alla cancellazione della questione dei rifugiati palestinesi nel suo complesso.

 

La Nakba continua è stata a lungo sostenuta dalle potenze coloniali occidentali, che continuano a garantire al regime israeliano coloniale-apartheid un sostegno incondizionato e un’immunità pressoché totale. In palese violazione dei propri obblighi giuridici e morali, questi stati hanno rafforzato la loro complicità attraverso un supporto politico, economico e militare continuativo, anche in presenza di un genocidio. A livello internazionale, hanno sistematicamente promosso e favorito l’agenda coloniale del regime israeliano, sabotando i meccanismi di protezione per i rifugiati palestinesi, ponendo veti su risoluzioni e paralizzando ogni tentativo di responsabilizzazione. Questo appoggio si riflette anche nelle politiche interne, con la repressione, la censura e la criminalizzazione di qualsiasi forma di solidarietà con il popolo palestinese.

 

Nonostante oltre 77 anni di Nakba ininterrotta, il popolo palestinese continua a resistere con determinazione contro il regime coloniale-apartheid israeliano nella lotta per la propria liberazione. La resistenza palestinese, in tutte le sue forme, tanto nella Palestina storica quanto nella diaspora, ha ricevuto una vasta ondata di solidarietà da parte di persone di coscienza in tutto il mondo. Gli sforzi, la determinazione e l’umanità del movimento di solidarietà globale si contrappongono in modo netto alla bancarotta morale e giuridica degli stati coloniali e dei loro leader.

 

Oggi più che mai, un processo di decolonizzazione fondato sui diritti — che garantisca al popolo palestinese il pieno esercizio dei propri diritti inalienabili all’autodeterminazione e al ritorno — rappresenta l’unica soluzione alla Nakba in corso. La resistenza palestinese, unita a un movimento di solidarietà globale strategico e continuo, costituisce l’unica via per porre fine alla guerra genocida contro Gaza, smantellare il regime coloniale-apartheid israeliano e rendere finalmente responsabili gli stati coloniali per la loro complicità.